Quando iniziai a praticare il Tai Chi era il 1983. Giocavo a calcio in campetti di periferia con gli amici, ero appassionato di sport sin da ragazzo, dovevo muovermi, a 17 anni ero stato campione italiano juniores di corsa campestre con la squadra della Pro Patria, correre era faticoso, si correva nel traffico attorno a San Siro e all'ippodromo, smisi.
Mi sposai troppo presto, a 21 anni: dovetti trovarmi un lavoro, lo sport lo lasciai perdere.
Un giorno guardando la bilancia superare i 100 chili capii che qualcosa non andava, dovevo ricominciare a fare del movimento. Salii in bicicletta con mio cognato verso la Brianza, quasi mi venne un infarto. Lasciai perdere il ciclismo nonostante la bicicletta fosse stata il mio mezzo di locomozione preferito; in città, a Milano, volavo sopra strade sconnesse, binari e scivolavo in mezzo al traffico per raggiungere gli amici al cinema di turno o per andare a scuola.
La mia cultura sportiva era bassissima, negli anni capii che la cultura sportiva dell'intero Occidente è inesistente. Ancora oggi nel 2015 è molto scarsa, gli stessi medici non conoscono se stessi pur conoscendo ogni nome di ogni parte del proprio corpo. Troppa enfasi sul corpo.
Cominciai a leggere libri sul jogging, consigli utili, non forzare, soppesare le proprie capacità, andavo la mattina al Parco di Monza, bello, correvo senza vedere nessuno per un'ora, è un parco vasto, ferito si dal campo di Golf, dall'autodromo, dalle strade che la deturpano con la loro regolarità, ma è vasto.
La domenica mattina invece, era riservata alla partitella di calcio, il calcio è bello da praticare, molto divertente, ma vedevo i miei amici rovinarsi, i.campi erano duri, pericolosi, Luciano con la spalla che ormai gli scendeva ogni volta, Vladimiro con le ginocchia a pezzi. Un giorno anche io ebbi l'incidente: un occhio colpito da una gomitata assassina di uno sconosciuto, capitato lì per caso, una domenica mattina qualsiasi. Ospedale, intervento sulla retina: lei ora deve star fermo, immobile. Fermo? Ci provai, le ore passavano lente in ospedale, soffrivo, non sapevo cosa fare, era un inferno stare lì. A casa andava meglio, ma l'occhio era praticamente andato, un cerchiaggio, una parte della retina tolta, visibilità quasi zero. Stop col calcio, ma stop anche con il jogging, i miei autori erano morti correndo, lo stesso inventore del jogging era morto a 52 anni d'infarto. Nessuno lo sa, ma anche l'inventrice dell'aerobica, tanto in voga a quei tempi, Jane Fonda, ha avuto un infarto.
Cosa potevo fare? Decisi di approfondire i miei studi sullo Yoga; avevo da anni un paio di libri e mi affascinava. Iniziai con Maurizio Morelli, era il 1982, andai avanti due anni, mi piaceva stare sulla testa, lo trovavo incredibile, sconvolgeva il mio mondo e le meditazioni erano affascinanti, ricordo ancora quella con la luce blu per la gola; ma la mia schiena impazziva, uscivo piangendo e smisi: comunque avevo scoperto il Tai Chi. Era il 1983, il mio amico di gioventù, Walter Russo, attualmente allievo diretto di Yang Ma Lee, figlia del fondatore della Itcca, mi invitò ad una lezione del compianto
Maestro Ermanno Cozzi, allievo diretto di
Yang Sau Chung.
Erano i primi anni del Tai Chi in Italia, quasi totalmente sconosciuto nel nostro paese. Ermanno mi fece sedere a guardare la lezione, restai profondamente colpito, ecco, questo è quello che farò da grande, mi dico. Avrei cominciato subito, ma Ermanno era un puro, no, puoi cominciare ad Ottobre, quando ricominciano i corsi. Rimasi un po' sconcertato e andai subito alla libreria Hoepli, allora era l'unico accesso al mondo, niente Web, niente Youtube. Tai Chi? Provi fra le Arti Marziali mi dissero. Fui fortunato, trovai il libro di Muradoff, ballerino persiano che a Roma si era messo ad insegnare Tai Chi. Aspettando la mia prima lezione cominciai a copiare i gesti delle sue foto, aveva i pantaloni a zampa d'elefante...
Questo articolo voleva essere un trattato sul perché il Tai Chi fa bene, ne è venuto fuori una auto-biografia, credo vada bene, ho sperimentato su di me i benefici del Tai Chi: la mia schiena è mille volte più a posto ora che ho 59 anni di quando ne avevo 24, i miei occhi non si lamentano, le ginocchia rovinate dallo sport reggono. Ebbi un intervento, un dieci anni fa, sull'altro occhio a causa di un'infezione dovuta alle lenti a contatto morbide, nessuno vi viene a dire che sono molto pericolose nell'acqua di mare. Aver imparato col Tai Chi a star fermo mi permise, questa volta, di restar immobile a letto in ospedale per una settimana e l'occhio guarì contrariamente alle previsioni mediche. Naturalmente portavo il Qi verso la pupilla costantemente per guarirla.
Nel 1983 quando iniziai a praticarlo non c'erano ricerche scientifiche sul Tai Chi e sul Qi Gong, oggi sono più di 1000. Perché fa bene? La risposta che mi sono dato è: la lentezza.
Rallentare porta sanità. Rallentare il corpo, rallentare la mente, non si possono dissociare.
Rallento e respiro, rallento e vivo, rallento e medito. Ovvero, non c'è molto da dire, i benefici del Tai Chi e del Qi Gong e della Meditazione (tre nomi per una sola cosa) sono dovuti alla lentezza.
Gli antichi Taoisti avevano studiato gli animali più lenti e compreso che, come la Tartaruga, i più lenti sono i più longevi.